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          confinati in UNA ZONA DI CONFINE RACCONTIAMO UNA FINE   
Ce lo siamo chiesti più volte: cosa vuol dire operare, per caso o per volontà, in una zona di confine?
Forse vuol dire raccontare la fine di una grande narrazione, che rendeva possibile credere nell'esistenza di significati universali e condivisi. Oppure vuol dire raccontare la fine del grande centro, la fine delle gerarchie stabilite, la fine del pensiero sistematico e razionale. Un pensiero che si reputa infallibile e che non è disposto ad evolversi ed a modificarsi in base al contesto o alla situazione in cui nasce.
Il confine offre la giusta dose di isolamento. Quella dose che ti permette lunghi momenti di silenzio e di riflessione, che ti spinge all'autonomia, alla fantasia, che ti allontana dal conformismo e dalle mode passeggere.
Se, come scrisse Baudrillard qualche anno fa, viviamo in un mondo dove c'è sempre più informazione e sempre meno significato, è davvero necessario operare una messa in discussione radicale   del proprio modo di fare arte e ricostruire autonomamente l'anatomia dei propri significati senza aver paura della stranezza, dell'impopolarità, o dei risvolti inediti che le proprie scelte potrebbero generare. Essere al confine consente la possibilità di percorrere strade nascoste ma inesplorate, di guardare il mondo dalla giusta distanza senza mai essere veramente dentro le cose, di  assumere una prospettiva marginale,di  sviluppare un pensiero laterale.
All'arte che si accontenta di fabbricare “prodotti” rispondiamo con un'arte che desidera generare esperienze. Un arte lontana dai musei ma vicina  ad ogni contesto in cui opera l'uomo.
Trasformare la propria vita in un'opera d'arte, essere artefice di piccole rivoluzioni quotidiane, osservare, giorno per giorno le trasformazioni che il proprio pensiero produce.
Le nostre risposte all'affollamento di idee e di opere, alla confusione ed alla distorsione mediatica sono il silenzio e la sottrazione, la nostra arma è la pazienza. Perché è non cambiando niente che tutto è diverso.
Come Lucifero, abbiamo scelto di regnare all'inferno, piuttosto che servire in paradiso.
Come Dubuffet crediamo che “La vera arte non è mai dove ci si aspetta che sia: nel luogo dove nessuno la considera, nessuno la nomina. L'arte detesta essere riconosciuta e chiamata per nome. Scappa immediatamente. L'arte ama l'anonimato. Appena è scoperta, appena viene additata, fugge.”

KOMA' è un progetto The Patch horse

STORY

Koma' Gallery nasce nel marzo del 2001 in via Chiarizia n°1 a Campobasso, colmando un vuoto che vedeva il Molise l'unica regione italiana senza una galleria d'arte contemporanea.
Dal marzo 2001 Komà e divenuta punto di riferimento, in regione, della ricerca artistica contemporanea nazionale.
Nel gennaio 2003 partecipa ad Arte Fiera concretizzando un fatto storico per la regione Molise. linkExibart
Alla fine del 2003 il progetto Koma' diventa itinerante trasformandosi nel WCE WHITE CUBE EUROPE 
Il 4 maggio 2012 Komà riapre in uno spazio tra pareti in mattoni (pietre).....e il racconto continua!!